Alcuni mesi fa Paolo aka 3dmetrica.it si é presentato in studio con la relativamente nuova GoPro Fusion, una action-cam a tutti gli effetti in stile GoPro. Cos’é? Una gioiellino che realizza foto e video sferici. Ora non sto ad entrare nei dettagli del VR, 360° ecc. perché immagino ne sappiate forse più di me. In questo articolo vorrei invece parlare dei nuovi punti di vista che questo genere di attrezzature regalano sia al fotografo professionista, sia all’utente.
In questi giorni, durante le mie uscite spurgo-stress running, l’ho voluta testare a modo mio sia sui sentieri sia in mare con amici che praticano la canoa-polo. In modalità video ho realizzato alcune clip sempre alla ricerca di scorci di luce che credo identifichino un minimo il mio stile fotografico. La caratteristica di questo genere di macchine é appunto che potete piazzarle dove volete, scattare o riprendere, e solo successivamente in fase di post produzione decidere quale angolo di ripresa ed in quale momento della clip ritenete il più efficace!
Traduco per quelli un po’ più lenti (come me): ho messo la Fusion sul suo piccolo stativo estendibile facendola spuntare dal mio zainetto appena sopra la spalla, ho schiacciato “REC” ed ho iniziato a correre lungo il sentiero… a correre come se non ci fosse un domani o come se mi stesse inseguendo un cinghiale (più probabile) solo per darmi delle arie con gli amici nel momento in cui gli avrei mostrato il video. La macchina ha registrato tutto a 360°. Rientrato in studio, anzi subito dopo la doccia, sul tavolo della cucina (non ho resistito) ho importato le clip nel software di stitching GoPro il quale ha fatto la magia di unire le due semisfere di ciascuna clip riprese dalle due ottiche presenti sulla macchina e registrate sulle due MicroSD (tutto doppio qui). Il risultato é un video tutto deformato ma se riprodotto con la corretta applicazione é appunto uno di quei video in cui l’utente muovendo il mouse cambia angolo di visione … indovinate un po’? A 360°!! Se si usa il suo stativo la GoPro é in grado di mascherare il tutto e dare l’illusione che la telecamera sia sospesa per aria.
Alla fine sono entrato nei dettagli del VR, 360° ecc…. mannaggia!
Torno al punto. Fin qui tutto bene, figo, divertente, ma queste cose dopo poco personalmente mi stufano, a meno che non si tratti di una ripresa 360 di Marte fatta dal Rover… no, dico, MARTE! http://time.com/4460985/mars-nasa-360-degree-video/
Mi stufano semplicemente perché prediligo la fotografia in senso più classico, sempre però alla ricerca soprattutto di contenuti ma anche soluzioni innovative. Per soluzioni intendo punti di vista differenti, che portino il “lettore” al centro della storia che il fotografo cerca di raccontare. NB che che non utilizzo il termine “storytelling” perché, fortunatamente, abbiamo a disposizione l’italiano, lingua a dir poco meravigliosa.
L’utilizzo quindi di action-cams come la GoPro Fusion, piccole, resistenti ed estremamente versatili, ha spalancato le porte a nuove ed efficaci soluzioni per la narrazione fotografica. Un po’ come se uno scrittore improvvisamente avesse più vocaboli a disposizione.
Inevitabilmente come del resto é accaduto in passato, ad esempio con l’avvento della stessa fotografia digitale, si é aperto un dibattito sulla possibilità che queste nuove tecnologie sminuiscano il lavoro del fotografo professionista.
Non più tardi di qualche sera fa mi trovavo ad una sagra in ottima compagnia ed un amico mi ha posto esattamente questa domanda facendo l’esempio del fotografo che scatta ottomila foto al secondo sperando poi ce ne sia una buona.
La mia risposta é stata “forse, ma non credo!”
In fin dei conti io [fotografo] ho impostato o quantomeno scelto la scena che mi interessa, ho deciso da che angolazione di ripresa partire, ho scelto la luce ed il soggetto. La macchina successivamente ha raccolto il pacchetto, ed in questo caso aggiungerei “completo” dato che ha ripreso a 360°. Nuovamente, in fase di post-produzione, ho ripreso il controllo della situazione andando a scegliere quel fotogramma che cercavo sin dall’inizio ma che con altri strumenti non avrei mai potuto catturare. C’è da aggiungere che, come molti miei colleghi, sono un sognatore, nel senso che prima ancora che la scena si svolga, riesco ad immaginarmi la foto che cerco e soprattutto la immagino, per usare un termine cinematografico, in “soggettiva”, ossia nel cuore dell’azione.
Negli esempi qui allegati, utilizzando Adobe Premiere ho ripercorso l’azione più e più volte cambiando costantemente l’orientamento della Fusion finché non ho trovato ciò che ritengo il climax del mio racconto. Ho quindi estrapolato quel singolo fotogramma e l’ho trattato come tratterei una mia qualsiasi fotografia.
Ho barato nel gioco (della fotografia) che gioco con me stesso, fotografo che predilige la fotografia classica? Non credo. Semplicemente i pennelli di cui ora dispongo, mi permettono di essere ancor più creativo, di esplorare e rivivere un momento all’infinito.
Torno quindi sul campo consapevole del fatto che, oggi ancor più di ieri, il mio unico limite può essere solo la mia stessa creatività!